Il ricordo di chi non c’è più

Nel deserto delle anime

combattute e vinte

cammino passi di affranta solitudine;

del vento di sabbia sulla pelle il calore,

aceto su quelle aperte ferite.

Brucia il pianto a consolare la rabbia,

nel silenzio ascolto

l’eco delle voci perdute;

dei volti il ricordo,

nei loro sorrisi conficcato per sempre

l’attento sguardo della mia mente.

Fluttua in quel tempo sospeso la memoria:

danza nella luce

sulla superficie delle cose,

tra le crepe e i riflessi a rischiarare

dubbi e contraddizioni.

Bianca e limpida come la Verità:

lo spiraglio che illumina la Vita.

Sotto la superficie dell’acqua

Negli occhi le luci della città,

dei suoi rumori lontani solo il silenzio.

Alle nostre paure incollati per sempre

i nostri sguardi:

tutto si scioglie nel buio.

Il tempo del nostro respiro:

note di perduta eternità.

Riempiamo tra di noi il vuoto

di lacrime e di sorrisi,

di pensieri sospesi

e sfuggenti impressioni.

Delle presenti inquietudini solo testimoni,

sospesi,

in attesa della

felicità.

Sprofondiamo lentamente nella

Vita.

Per ritrovarci,

sotto la superficie dell’acqua.

Dove cade il sole

E fu il calore d’un momento
poi via di nuovo verso il vento
davanti agli occhi ancora il sole
dietro alle spalle un pescatore.

Fabrizio De André, “Il pescatore

Si divertiva a palleggiare con il mondo, quasi che la vita fosse uno scherzo, e lui un giullare che animava quella delirante commedia. Aveva quasi novant’anni, e ancora si divertiva a giocare con il tempo che gli era rimasto da vivere; e rideva, di gusto, ad ogni buona occasione che gli si presentava.

L’ultima volta che lo vidi, sorrideva come sempre; pareva stesse rovistando tra le sue allegre memorie. Eravamo al porto; io mi preparavo a salpare con il mio equipaggio per l’ennesima giornata in mare aperto, con la speranza di trovare il pesce che avrebbe continuato a garantire una vita dignitosa a mia moglie e ai miei figli. Non avevo certo voglia di ridere. E sinceramente non riuscivo proprio a capire come si potesse riuscire ad essere così felici senza nulla, perché anche il signor Alceo, che a malapena conoscevo, sapevo aver condotto una vita difficile, al limite della miseria. Avevo sentito qualche chiacchiera sul suo conto; ovviamente la sua persona non era mai passata inosservata, e tutti, chi più chi meno, si ricordavano di lui.

Insomma, sta di fatto che io ero al porto, in attesa di ripartire. Era buio, e non troppo caldo. Chissà perché si trovasse lì, a quell’ora, tutto solo; sembrava stesse aspettando qualcuno.

Arrivò un uomo coi baffi e i capelli lunghi malamente raccolti in un fazzoletto, il sigaro stretto tra i denti; la puzza del fumo che si era appiccicata ai suoi vestiti sporchi rendeva ancora più sgradevole la sua presenza. Salì a bordo di quella che con ogni probabilità era la sua nave, mentre rivolgeva qualche parola a quel caro vecchietto in attesa sul molo, che, sì, mi faceva tenerezza.

Allora iniziai a preoccuparmi; mi avvicinai ai due estranei e provai a domandare al signor Alceo: “Tutto bene?”

Mi rispose con tono pacato, sempre sorridendo: “Sì, grazie”.

I suoi occhietti vispi e sempre allegri, che sempre rimarranno incollati alla mia memoria.

“Sto partendo per una nuova avventura. Andrò là, a svegliare il sole che ancora sta dormendo, a ricordargli che mai dovrà smettere di rallegrare questo povero mondo con il suo sorriso”.

E rise, di gusto; e quella sporca figura sulla nave rise con lui; e contagiarono anche me. Era talmente surreale che mi fece sentire un idiota totale.

Ancora risuona quella risata, là dove cade il sole.